Escapes – carta d’intenti

Gli aderenti ad Escapes hanno sottoscritto la seguente Carta d’intenti (il testo originale è sul sito istituzionale di Escapes)

Carta d’intenti

Il fenomeno delle migrazioni forzate ha assunto negli ultimi decenni dimensioni senza precedenti, sia in termini assoluti che relativi, soprattutto se si considerano determinate aree geografiche. Le scienze sociali sembrano tuttavia aver almeno in parte trascurato questo oggetto di ricerca, cominciando ad occuparsene attivamente solo alla fine degli anni settanta. In particolare, l’ambito di ricerca noto inizialmente in ambito anglosassone con l’espressione refugee studies – oggi già diffusamente esteso con la denominazione forced migration studies – attraverso cui si tenta di sistematizzare sotto un’etichetta unificante il complesso spesso disomogeneo e interdisciplinare di ricerche in materia di richiedenti asilo, rifugiati, sfollati interni e apolidi, si diffonde proprio in quegli anni con lo sforzo di costruire dei modelli generali e di legittimare una certa autonomia di questo settore di studi.I refugee studies si sono ulteriormente affermati nel 1982 attraverso la creazione dell’influente Refugee Studies Programme presso l’Università di Oxford e con l’apparizione nel 1988 della rivista Journal of Refugee Studies. Questa crescente attenzione al fenomeno dei rifugiati è facilmente dimostrabile dal numero di articoli comparsi nelle riviste scientifiche e citati nel Social Science Index: vengono elencati 15 articoli dal 1970 al 1974, 40 dal 1975 al 1979 e più di 80 nel corso degli anni ottanta. Nel 2001 la banca dati RefWorld dell’UNHCR contava circa 2.000 titoli in materia di rifugiati, diritti umani e letteratura correlata solamente relativi ai tre anni precedenti. Parallelamente sono sorti in tutto il mondo un incredibile numero di centri di studi che si occupano esclusivamente di rifugiati e migrazioni forzate, mentre gli enti pubblici o privati che affrontano in maniera più ampia tematiche relative a rifugiati, asilo, diritti umani e simili ha ormai superato quota 500 (si veda il sito dell’UNHCR per le banche dati RefWorld e RefLink).

A un incremento di attenzione sopraggiunto a partire dagli anni ottanta del secolo scorso tuttavia non è sempre corrisposto un adeguato livello di approfondimento e di analisi critica. Questa considerazione sembra essere all’origine della creazione del Journal of Refugee Studies, tanto che il primo direttore, Roger Zetter, introduce il numero uno della rivista auspicando «un consolidamento di un settore di ricerca accademico e disciplinare sempre più vario» e «l’arricchimento degli sviluppi teorici nei refugee studies […], rimanendo ancora importanti lacune nella letteratura di ricerca sui rifugiati». Similarmente c’è chi lamenta che la ricerca sui rifugiati si sia accumulata senza la minima elaborazione concettuale, mentre altri sottolineano come ai refugee studies non sia mancata la teoria, quanto piuttosto che abbiano acriticamente importato le principali idee teoriche, spesso su basi ad hoc, da altri domini disciplinari.

In particolare, alcuni evidenziano come gli studi sui rifugiati siano difficilmente riusciti ad emanciparsi dalle preoccupazioni operative e gestionali. Sarebbe pertanto difficile riscontrare una reale autonomia dei refugee studies, che invece restano legati strettamente all’ambito delle policies, sia in termini di oggetto di studio, che di terminologia, che spesso di finanziamenti alla ricerca, almeno a livello internazionale.

D’altra parte, almeno dall’inizio degli anni ottanta, l’interesse dei ricercatori si è anche focalizzato su aspetti più problematici e individuali legati all’esperienza dei rifugiati, come l’adattamento e le disfunzioni psicologiche o le difficoltà linguistiche o lavorative.

Questa varietà di punti di vista sulla ricerca in materia di rifugiati si riflette sulla natura interdisciplinare che ha caratterizzato questo ambito di ricerca sin dalle sue origini. Le riviste internazionali specializzate hanno ospitato e continuano ad ospitare articoli e contributi scritti da autori che vengono da tradizioni e discipline diverse, accomunati dall’interesse per lo studio delle migrazioni forzate.

In questo contesto si avverte con urgenza la necessità di dar vita a una rete italiana di studi delle migrazioni forzate, che pur mantenendo i caratteri dell’informalità e dell’apertura, favorisca il consolidamento di un dibattito anche all’interno dell’accademia e degli istituti di ricerca italiani. L’intento è quello di riconoscere innanzitutto l’esistenza di diverse persone, soprattutto giovani ricercatori e ricercatrici, che in questi anni hanno dedicato i propri studi, le proprie riflessioni e le proprie ricerche sul campo alla complessa questione delle migrazioni forzate, sotto le sue molteplici sfaccettature. Non vorremmo infatti che la condizione di precarietà di molti di questi ricercatori e ricercatrici si traducesse automaticamente in una condizione di precarietà e marginalizzazione degli studi in questo campo.

L’istituzione di una rete di persone interessate ad alimentare questo scambio ci sembra quanto mai opportuna in questo particolare momento storico. La crescente rilevanza del fenomeno, sia da un punto di vista numerico – come dimostrato dai recenti avvenimenti catalogati sotto la definizione di Emergenza Nord Africa – sia da un punto di vista politico e analitico, e la parallela contrazione dei finanziamenti alla ricerca ci interrogano su come portare avanti la specificità degli studi dedicati a questa particolare dimensione delle migrazioni internazionali, assumendo anche uno sguardo critico e riflessivo sulla stessa categoria di “migrazioni forzate”.

Il laboratorio “Escapes. Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate” si configura come luogo di ricerca e confronto per una rete multidisciplinare di rilevanza nazionale di studiosi che si occupano a vario titolo di fenomeni migratori, e più in particolare di coloro che vengono convenzionalmente ricompresi nella categoria delle migrazioni forzate (richiedenti asilo, rifugiati e altri titolari di protezione, sfollati interni, apolidi e altre persone costrette alla fuga e all’abbandono dei territori d’origine).

Prendendo atto che il confine tra migrazioni forzate e volontarie è spesso molto labile e determinato da dinamiche istituzionali e di potere, il laboratorio si propone di assumere la categoria delle migrazioni forzate in modo non rigido, ma anzi di problematizzarne significato e portata, considerando come parte del proprio campo di ricerca anche le forme di resistenza ai confini, le situazioni di guerra e/o crisi umanitaria che sono spesso all’origine di movimenti migratori, le vittime di tratta, ecc. A tutto ciò il laboratorio intende guardare non solo dalla prospettiva degli studi sulle migrazioni, ma anche da quella dei diritti, della cittadinanza e delle forme di appartenenza.

In particolare il Laboratorio condivide i seguenti obiettivi:

  • Riconoscere l’importanza di un approccio multidisciplinare e promuovere un dialogo e una collaborazione feconda tra studiosi delle diverse discipline (sociologia, antropologia, psicologia, diritto, politologia, geografia, storia, relazioni internazionali).
  • Collaborare attivamente, nei modi e nelle forme che si stabiliranno in corso d’opera, con laboratori e centri di ricerca che si occupano di tematiche affini (come per es. L.I.M.eS. Laboratorio Immigrazioni Multiculturalismo e Società, istituito presso lo stesso Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano).
  • Mantenere uno scambio vivo e di reciproca contaminazione, pur preservando l’indipendenza della ricerca scientifica, nei confronti del terzo settore, dei soggetti impegnati direttamente nell’accoglienza e nell’integrazione, del Servizio Centrale dello SPRAR, dell’UNHCR e degli altri enti di tutela, nazionali e internazionali.
  • Dedicare particolare attenzione al ruolo che possono assumere i titolari di protezione e più in generale le persone di origine straniera, soprattutto nella direzione di un contributo alla riflessione critica.
  • Assumere un ruolo di osservazione vigile e critica nei confronti del mondo politico e dei media, attivandosi anche con proposte e collaborazioni, pur facendo salva la propria autonomia.
  • Mantenere vivi i contatti tra gli studiosi e gli studenti interessati alle migrazioni forzate e far circolare le informazioni relative a dottorati di ricerca, convegni, call for papers, e ogni altra iniziativa degna di nota.
  • Promuovere e organizzare seminari, convegni, incontri di approfondimento sul tema delle migrazioni forzate ed altri affini.
  • Promuovere la pubblicazione di articoli (sia di taglio empirico che teorico) e numeri monografici in riviste scientifiche italiane e straniere nelle diverse discipline.
  • Stabilire una rete di contatti che favorisca la presentazione di progetti in occasione di bandi per la ricerca sia a livello nazionale (PRIN, FIRB, bandi di fondazioni pubbliche e private…), che internazionale (FP7, FER…).

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